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audiocassetta, autosuggestione, cambiamento, comprensione di sè, consapevolezza, Crazy World, crescita, empatia, epifania, Hachiko, lenitivo, logica, magia, mangianastri, MLK, mutamento, opportunità, premonizione, Scorpions, segno premonitore, U2, Wind of Change
Questo post è il prologo ad una storia che avrei voluto raccontare già da un po’, e che nel frattempo ha subito una variazione della trama. Piuttosto netta, direi. Doveva essere la storia di un cane e del suo padrone e del loro rapporto di particolare empatia. Tre giorni fa, purtroppo, è diventata la mia personale versione di “Hachiko”.
Quella di Hachiko, ricorderete, è la storia di un cucciolo smarrito e del fortunato incontro con un padrone amorevole, con cui trascorrerà un periodo di reciproca gioia; fino a che, inaspettatamente, il cane si ritroverà ad attendere per dieci anni, tutti i giorni, fino al suo ultimo respiro, il ritorno di un uomo che non tornerà più.
La mia è la storia di un cucciolo abbandonato e del suo incontro con un padrone amorevole, con cui trascorrerà oltre due anni di giochi, di escursioni e di reciproca gioia; fino a che, inaspettatamente, un giorno l’uomo si ritroverà a cercare il suo amatissimo cane, smarrito, per metà della notte, e ad attendere sveglio il suo ritorno per l’altra metà; e lo cercherà ancora per un mattino e un pomeriggio per ogni dove… fino a trovarlo a pochi passi da casa, ormai troppo tardi per poterlo salvare, ma avendo almeno la possibilità di riabbracciarlo un’ultima volta.
E’ ancora una bella storia, e degna di essere raccontata (soprattutto perchè non è finita; da ogni evento che segni una fine scaturisce un nuovo inizio, e dunque il mio racconto andrà comunque avanti, e mi auguro molto a lungo). Ma non volevo prendervi in giro, tacendovi il fatto che il cane di cui vi narrerò, volta per volta, stia già correndo – con mio grande dolore – in praterie ben più ampie di quelle attraversate, noi due insieme, su questa terra.
Forse avrete notato il mio post dell’altroieri, con il video di MLK degli U2.
Era il mio modo di salutarlo.
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La logica mi suggerisce che si non dovrebbe credere alle premonizioni.
Nel senso, che non si dovrebbe credere di averne avuta una. E’ troppo facile, di fronte ad un avvenimento che accada inaspettato, grande o piccolo che sia, lasciarci indurre a riconsiderare l’attimo prima che quel qualcosa succedesse, o addirittura i minuti le ore i giorni precedenti. Guardando a ritroso troveremmo di certo qualcosa, un altro piccolo accadimento, o anche solo un pensiero fugace che ci abbia attraversato la mente, e saremmo portati ad interpretarlo come un segno. Un’autosuggestione dettata dalla sorpresa di quanto successo dopo, insomma, una sorta di epifania retroattiva.
Eppure…
Eppure, mercoledì sera, mentre passeggiavo per le vie del centro, di colpo mi è tornata in mente una canzone a cui non pensavo da secoli. Una canzone che ascoltavo spesso vent’anni fa, durante il servizio militare.
Un mio commilitone si era portato da casa l’audiocassetta dell’album di cui il brano faceva parte, e lo faceva risuonare sovente, in camerata, per mezzo di una radio dotata di mangianastri.
Mi piaceva quella canzone, che fin dal titolo parlava di cambiamento.
Ero nel pieno, io, di una stagione di cambiamenti. Iniziata con una cartolina azzurra di precetto, giunta a modificare di colpo, con un preavviso di due settimane, un’apprezzabile routine quotidiana. Interrotto il lavoro, salutati gli amici, lasciata la famiglia e la mia casa, per la prima volta per un periodo assai più lungo di qualche giorno. Ed erano iniziati gli addestramenti formali, le marce, le sveglie all’alba con i caporali istruttori ad urlarti a muso duro nelle orecchie; la fatica il sudore e la polvere sotto il sole di luglio in un cortile ghiaioso, in anfibi, berretto e maglietta verde. Un totale sconvolgimento delle abitudini quotidiane, un classico esempio di cambiamento improvviso, e sgradevole, determinato da una causa di forza maggiore.
Poi però, finito il mese di addestramento, e giunto al mio reparto di destinazione – un piccolo distretto militare a 50 km da casa mia, in cui avrei ricoperto mansioni di impiegato – le cose erano migliorate in modo sensibile. Qualità della vita più che apprezzabile, nuove piacevoli (alcune quasi fraterne) amicizie, frequenti uscite serali: 11 mesi di vita di comunità in cui godevo di una libertà prima sconosciuta, e nei quali ebbi modo di imparare davvero molto su me stesso. Il migliore anno della mia giovinezza, senza alcun dubbio.
Un anno iniziato a causa di un cambiamento radicale, di fronte al quale non avevo scelta se non accettarlo. E da cui poi ha avuto origine un ulteriore cambiamento, ma di genere diverso: non un’imposizione degli eventi, ma un’opportunità significativa, da cogliere liberamente e da vivere in modo importante.
L’altra sera, quando mi è tornata in mente quella vecchia canzone, parte della colonna sonora di un anno tanto significativo, mi è venuto da sorridere pensando che potesse essere un segno. Non premonitore, ma di conferma, che un periodo altrettanto fecondo fosse di nuovo in atto. A partire da un evento spiacevole, anche se non altrettanto traumatico, del dover recarmi ad assolvere al servizio militare con un preavviso limitato: un piccolo “incidente” verbale occorsomi un paio di settimane fa, e dal quale è scaturito un nuovo livello di comprensione di me stesso, potremmo dire un clic emozionale, capace di accendere una nuova luce su un aspetto fondamentale della mia vita.
Questo pensiero è durato poco. Non perchè ciò che vi ho appena scritto, sul mio nuovo livello di consapevolezza scaturito da un fatto accidentale, non sia vero. Ma perchè circa un’ora dopo, una volta rientrato a casa, ho scoperto che si era appena verificato un altro evento, un mutamento improvviso, ben più doloroso e crudele.
Nei giorni successivi, l’elaborazione di questo evento ha fatto nascere in me un ulteriore cambiamento, del genere “opportunità e crescita”. Che mi auguro di saper cogliere e sfruttare al meglio, senza guardarmi indietro.
Dunque, sì, il ricordo inaspettato di una canzone a cui non pensavo più da molto tempo, quella sera, in fondo si può leggere come un segno premonitore.
Detto ciò, è il momento di riavvolgere il nastro, e di partire a raccontarvi la storia dall’inizio.
Cosa che farò presto. Ora voglio concedermi un momento di serenità con il brano di cui vi parlavo prima, di cui ho trovato una versione live spettacolare, addirittura con l’accompagnamento di un’orchestra sinfonica.
La musica è una magia potente, ed un lenitivo che funziona sempre, a meno che uno non sia proprio steso ad un livello cosmico. Nonostante negli ultimi tre giorni abbia elaborato e superato il dolore, ciò non significa che sia scomparso. E, al momento, sento il bisogno del conforto che solo la musica può offrirmi…
Questi, ladies & gentlemen, sono gli Scorpions, che ci cantano Wind of Change:
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(La foto che compare nell’articolo è tratta da questa pagina web)
Stasera mio figlio ha dimenticato di chiudere il cancello. Di solito lo fa fermando la macchina e controllando di aver chiuso. Stasera è uscito a piedi ed evidentemente pensava ad altro.Io sono uscita in cortile per portare l’immondizia e subito non ho notato l’apertura. Terry, naturalmente, mi trotterellava dietro, ma quando ho visto il cancello aperto il cane era scomparso. Uscito o andato dietro casa? Mi è venuta in mente la tua storia e immagini terribili mi sono passate davanti. L’ho chiamato, e ho sentito che abbaiava sulla strada. “Vieni a prendere il bombo, forza! ” Per lui “bombo” è una parola magica. E’ arrivato trotterellando a prendere il suo biscottino. Per stavolta è andata, ma che spavento!
Capisco il dolore per la perdita del tuo amico fedele, soprattutto in modo così traumatico. Ti abbraccio.
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Ti ringrazio molto per la tua comprensione, e sono sollevato di sapere che il tuo piccolo amico a quattro zampe non si sia allontanato. Anch’io, se fossi stato presente quella sera, avrei forse potuto far leva sul biscottino. Ma c’era una cosa da cui il mio cane era ancor più attirato: fiutare una pista e seguirla, per lui era un imperativo ancestrale. E non tornava indietro fino a che non era soddisfatto, a meno di sollevarlo di peso e prenderlo in braccio. Solo che tutte le altre volte c’ero anch’io, che tenevo in mano il guinzaglio e lo convincevo pazientemente che oltre ad un certo punto non si poteva andare, meno che mai su una tangenziale a quattro corsie. L’unica volta in cui è stato messo nelle condizioni di avventurarsi da solo dietro a chissà quali tracce, ha superato le proprie Colonne d’Ercole, ed è stato tutto :’-(
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Non conoscevo questa canzone ma che emozione la parte sinfonica. Da brivido. Mi dispiace tanto per il tuo cane. A noi è successa la stessa cosa con la gatta di casa e sono dolori che non si possono spiegare.
Mi piace il tuo blog e scrivi molto bene, complimenti.
SAi, per quanto riguarda le premonizioni, è davvero così quando siamo in armonia con la natura e il nostro io si sentono molte cose. Non è solo empatia, o apertura mentale, è sentire l’energie dell’universo. Ciao, elisa
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Buongiorno Elisa, benvenuta!
E grazie per i complimenti. Come ho risposto poco fa a Francesca, altra comune amica della nostra amica Katherine, se ciò che esprimo può risultare piacevole, è solo perchè lo faccio con amore… e (è doveroso ricordarlo) perchè ho avuto la fortuna di avere insegnanti come Katherine, capaci di stimolare le mie capacità e i miei interessi.
Fra l’altro, ho appena scoperto che la nostra brava amica Prof ha scritto di me giusto stamattina… troppo buona, altro che una pizza si è meritata! 😀
Credo tu abbia sottolineato un aspetto fondamentale: l’armonia.
Il mio povero cane scomparso una settimana fa era solo (si fa per dire) il penultimo di una lunga serie (l’ultima, così definibile perchè fortunatamente ancora viva e vispa, è la sua “sorellina” che è arrivata in casa nostra qualche mese dopo di lui, e che adesso si sente un po’ sola.. ma non lo resterà a lungo). La nostra famiglia ospita da 1 a 4 cani da almeno 35 anni, fin da quando ero un bambino. Ed io voluto bene a tutti i cani che hanno percorso un pezzo di strada insieme a me, fino al termine della propria breve vita, il più delle volte per sereno compimento della loro vecchiaia, qualche volta purtroppo per malattia, qualche altra (le più remote) per un incidente stradale. Eppure, non ho mai stabilito un legame così forte e reciproco con uno/una di essi, prima del piccolo Tommy. Ci siamo incontrati quando lui era un cucciolo, indifeso ma vivace e fiduciosissimo, di appena 2 mesi, ed io attraversavo una fase assai fragile della mia vita, forse la più critica che mi sia mai capitata. Abbiamo stabilito fin dal primo istante una sintonia perfetta, un’armonia di comportamenti e manifestazione di sentimenti umani/animali mai sperimentata prima. E’ come se fossimo cresciuti insieme, lui per la prima volta, io per l’ennesima. Non a caso mi accingo a raccontare sul mio blog la storia della nostra amicizia, perchè era una cosa speciale, e grazie ad essa ce ne saranno (ne sono certo) molte altre.
Poco fa ho visitato il tuo blog, e letto la tua biografia. Complimenti a te, per la sincerità e la chiarezza (e lo stile, senza alcun dubbio) di ciò che di te hai voluto condividere. La serenità con cui ti racconti dimostra la forza che hai avuto (e che hai) di superare le ferite che ti sono state inflitte, e di continuare comunque a guardare al mondo con fiducia. Un altro incontro fortunato, dunque, per me; il secondo in meno di mezza giornata, e grazie a Katherine 🙂
Se non ho inteso male abiti a Roma, luogo che più di ogni altro al mondo mi è caro, e che chiamo casa nonostante sia nato, ed abiti, a mezza Italia di distanza. Un luogo che domani mattina rivedrò, ad un anno e qualcosa dall’ultima volta: la mia imminente breve vacanza romana inizia sotto un ottimo auspicio 🙂
A presto!
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Ti ringrazio sinceramente per i complimenti e ti faccio un augurio di grande divertimento per la tua vacanza romana. Katherine è un’amica di blog da tanti anni e mi piace tanto come persona. Sicuramente tu ne sai più di me, anche se ho notato nel raccontarsi negli anni, molte affinità con amici virtuali. Così è.
Io ho avuto solo gatti, mio figlio invece ha un cane fichissimo. Lo tiene suo padre e io lo adoro. In quelle poche volte che mi permettono di stare con lui lo vizio spudoratamente. E mio figlio mi riprende sempre, perchè poi lo deve far riabiturare ai croccantini e io invece lo tratto come uno di casa. L’ho portato alla casa al mare un po’ di giorni e quando contando le bistecche da fare alla brace mio padre si è accorto che avevo considerato anche lui, a momenti non gli viene un infarto… he he
Mi piace molto come scrivi. Sei chiario e conciso senza essere arido e riuscendo a creare empatia con chi ti legge. Dote rara.
Anche gli animali arrivano a noi quando abbiamo bisogno di qualcosa… come le persone. Basta aspettare e crederci.
Ciao
P..S: per consigli su posti da visitare o altro sono a tua/vostra disposizione. Per un ex allievo di Katherine questo ed altro. Elisa
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Grazie mille, di tutto!
In questa occasione avrò pochi giorni a ne approfitterò per ripercorrere i sentieri più familiari (a partire da via Nazionale, quanto mi manca quella prospettiva!), ma sono felice di sapere che potrò contare sui tuoi suggerimenti 🙂
A presto!
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Julian come ti comprendo.
E’ capitato anche a me e a mio marito di perdere il nostro amatissimo gatto Arkcadas. In un modo più che traumatico.
Solo il pensiero di quel ricordo mi trafigge il petto e mi accorcia il respiro.
Sono ormai tre anni. Ma che rimpianto.
Ciao
Fiorella
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Lo so bene, mia cara. E so quanto (purtroppo) tu possa comprendermi, in questa circostanza.
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L’ha ribloggato su U.B.EI.
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