Impegnarsi per qualche tempo in attività fuori dal consueto ordinario può rivelarsi un esercizio utile, sapete. Forse non ai fini delle attività medesime, ma di certo costituisce una deviazione che può insegnare una cosa o due.
La prima, è imparare a distinguere fra ciò che si è in grado di gestire e ciò che in quel momento proprio non c’è verso. La seconda, è che il tran-tran quotidiano non è poi così male. Anche ove si tratti di una relativa normalità di basso profilo (o venga vissuta come tale), se funziona, è meglio tenersela stretta. Continua a leggere →
Ci sono momenti in cui apprendi una notizia, e ti domandi se abbia senso che le cose per te continuino ad andare avanti ugualmente, mentre per altri la cruda realtà bussa alla porta con sembianze terrificanti….
La risposta è sì, ha senso che le cose continuino ad andare avanti, altrimenti saremmo tutti solo spettatori passivi, nei confronti della sofferenza e del dolore, proprio o altrui, invece che attori consapevoli, e (nella misura in cui ciò sia possibile) partecipi, non rassegnati ma costruttivi, vicendevolmente solidali.
We are not same, we have to carry each other.
E tuttavia, qualche momento di riflessione, di intimo confronto con se stessi, prima ancora che con ciò che apprendiamo stia succedendo ad altri a noi vicini, si impone…
Non tragga in inganno la foto che ho messo qui sopra, questo non è un post autocelebrativo, tutt’altro 🙂
Ho soltanto scelto di metterci la faccia (quanto al fotomontaggio con il disegno della tigre, che è un mio vecchio disegno, ve ne spiegherò il senso in un prossimo appuntamento) perché siamo arrivati al decimo fiore giallo.
E il 10 è un numero perfetto, di grande valenza simbolica. Il numero del Capitano, direte voi, troppo facile intuirlo se sono io a parlarne, giusto? 😉
Vero, ma non solo. E’ anche il mio numero, anch’io mi sento, e sono, un numero dieci.
E quest’oggi ho deciso di farne omaggio, attraverso un “fiore” particolare, misto di parole e musica, ad un paio di amiche. Continua a leggere →
Mi rendo conto che questo post sia parecchio appassionato e anche un po’ autoreferenziale, ma quanno ce vo ce vo 😉
Metti una sera al centro del mondo. Perchè questo è il centro del mondo. Qui da ogni parte uno si giri coglie 2700 anni di Storia con la maiuscola, incastonati uno sull’altro, uno dentro l’altro, in un susseguirsi di emozioni uniche, commoventi nella propria serena spettacolarità.
Una storia sempre viva, vibrante, mai dimenticata. E come si potrebbe dimenticare? In questa città i palazzi, le prospettive, i colori, i monumenti, le rovine, tutte le cose sono illuminate da una luce che se non se l’hai mai colta (non intendo essere stato qui, intendo avere visto cos’è questa città, aver sentito come sa parlare al tuo cuore), non puoi avere idea, non puoi capire. L’ha detto anche un figlio di questi luoghi (°), un bel ragazzo biondo con gli occhi azzurri e dal gentile nome biblico, Daniele:
Non sapete Roma che significa: la Roma è un orgoglio.
Questo post è il prologo ad una storia che avrei voluto raccontare già da un po’, e che nel frattempo ha subito una variazione della trama. Piuttosto netta, direi. Doveva essere la storia di un cane e del suo padrone e del loro rapporto di particolare empatia. Tre giorni fa, purtroppo, è diventata la mia personale versione di “Hachiko”.
Quella di Hachiko, ricorderete, è la storia di un cucciolo smarrito e del fortunato incontro con un padrone amorevole, con cui trascorrerà un periodo di reciproca gioia; fino a che, inaspettatamente, il cane si ritroverà ad attendere per dieci anni, tutti i giorni, fino al suo ultimo respiro, il ritorno di un uomo che non tornerà più.
La mia è la storia di un cucciolo abbandonato e del suo incontro con un padrone amorevole, con cui trascorrerà oltre due anni di giochi, di escursioni e di reciproca gioia; fino a che, inaspettatamente, un giorno l’uomo si ritroverà a cercare il suo amatissimo cane, smarrito, per metà della notte, e ad attendere sveglio il suo ritorno per l’altra metà; e lo cercherà ancora per un mattino e un pomeriggio per ogni dove… fino a trovarlo a pochi passi da casa, ormai troppo tardi per poterlo salvare, ma avendo almeno la possibilità di riabbracciarlo un’ultima volta. Continua a leggere →
Dormi bene piccolo, e fai bei sogni.
Questa ninna nanna è per te.
Te l’ho cantata poco fa, ricordi?
Ora puoi sognare di correre lontano, senza stancarti mai…
questo “fiore giallo” esce in anticipo rispetto agli uno/due a settimana che avevo fin qui pensato. Ma dopo una giornata come quella di ieri, che mi ha offerto anche troppi spunti polemici (non mi rammarico certo di essere stato polemico, bensì che gli spunti fossero purtroppo così tanti), avevo bisogno di un po’ di acqua fresca per dissetarmi.
E con l’occasione faccio anche uno strappo alla regola, dal momento che i due fiori di oggi non sono di estrazione letteraria, bensì musicale. Con testi scritti, però, da un professore di lettere del liceo, e dunque il cerchio può dirsi perfetto 😉 Continua a leggere →
Non mi interessa qui analizzare le cause, vere o presunte, che portarono gli Americani alla decisione di usare l’Atomica per la prima e si spera ultima volta nella storia. Per quello c’è Wikipedia: chi lo desideri può leggersi la pagina relativa a tali eventi, e farsi una propria idea.
Ciò che mi interessa è ricordare le vittime innocenti di quegli avvenimenti: fra le 100 e le 200mila persone, in massima parte civili inermi, spazzati via con due sole bombe. A cui si aggiungono altre centinaia di migliaia di morti causati dalla radioattività residua nei decenni successivi.
E, insieme, a loro, ricordare tutte le vittime civili di ogni guerra in cui siano stati bombardati obiettivi non militari, con l’intento di fiaccare il morale e la capacità di resistenza del nemico. Come a Rotterdam, Dresda e Hanoi, tanto per citare alcune delle pagine che tendiamo ad ignorare, o a dimenticare ben presto, una volta finita la scuola e chiusi i libri di storia.
A proposito di strade che non hanno nome… Visto che nel mio articolo di apertura si parlava degli U2 e di questo loro brano famosissimo, e dal momento che l’appetito vien mangiando 😉 …
Ecco il video di una storica esecuzione di Where The Streets Have No Name eseguita sul tetto di un edificio di Los Angeles, con il traffico in strada che si arresta e i passanti che rimangono in partecipe ascolto a naso in su.
Tratto da Rattle and Hum (il film, of course).
Che musica, e che emozioni, gente!
Del genere che non passano mai di moda, ed ogni volta si ricrea la stessa magia, come se fosse la prima volta 😀
Con ogni probabilità sarebbe successo ugualmente. Prima o poi (chi può dirlo?), per una qualunque stupidaggine; un piede messo male lungo un sentiero di montagna; un incidente d’auto; oppure (vogliamo proprio essere banali?), una caduta per le scale di casa o dell’ufficio. Qualunque evento traumatico (che non fosse risultato mortale, naturalmente) avrebbe potuto produrre i medesimi effetti. Io ero un predestinato.
Buongiorno a tutti. E benvenuti! 🙂
Dopo aver preso a prestito l’incipit dell’Orlando Furioso per descrivere il contenuto del mio blog, e il titolo di un romanzo (ed anche di un tema narrativo) di Douglas Adams per battezzare questo articolo di apertura e ribadire il concetto, mi sembrava doveroso iniziare con qualcosa di mio. Giusto una manciata di righe, che per quanto proveniente da quella che allo stato attuale è soltanto l’abbozzo di una saga in più volumi – e chissà per quanto tempo ancora resterà tale, lo scopriremo solo vivendo -, è pur sempre un mio contributo inedito.
Casomai vi fosse venuta la curiosità di saperne di più sul virgolettato qui sopra…
E anche perchè, lo ammetto, esordire con un semplice “bene, eccoci qua” mi sembrava un po’ banale 😀 Continua a leggere →