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Valentino Rossi e la sua Yamaha (http://goo.gl/6bCthp)
Nello sport esiste il principio di lealtà sportiva.
Più stringente del concetto di lealtà pura e semplice, che attiene alla coerenza di ciascuno con valori etici riconosciuti e condivisi, anche a costo di sacrifici, e che può per l’appunto essere ricondotto a un concetto di condotta morale tout court. La lealtà sportiva è più stringente, perché su di essa si basa anche un principio di diritto sportivo, la cui eventuale violazione può portare a sanzioni e squalifiche.
Poi esiste il concetto di sportività, che secondo il vocabolario Treccani si può tradurre in
[…] dimostrare, in attività sportive o in competizioni e prove di altra natura, quelle qualità di lealtà, correttezza, rispetto dell’avversario e disinteresse economico che sono, o dovrebbero essere, proprie del vero sport […]
e che non ha un risvolto giuridico, ma soltanto (si fa per dire) etico e morale.
Quel che è successo ieri, in MotoGp, tra Marc Márquez e Valentino Rossi, attiene a questo secondo concetto; poiché in termini di lealtà sportiva, ovvero di condotta sanzionabile, nulla a quanto pare può essere imputato (né lo è stato) al pilota spagnolo. Sul piano della sportività, invece, hai voglia.
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