Tag
#LeonardodaVinci, #UltimaCena, @L3_Leonardo3, Cenacolo di Leonardo, codice atlantico, codice del volo, da Vinci's robot, da Vinci's world, i robot di Leonardo, il genio di Leonardo, Il Mondo di Leonardo, L'ultima cena, la Dama dell'ermellino, le sale del Re, Leonardo da Vinci, Leonardo3, Milano, Monna Lisa

Leonardo da Vinci, Mazzocchio (Foglio del Codice Atlantico edizione Hoepli di proprietà di Leonardo3) http://www.leonardo3.net
Di mostre, basate su riproduzioni in scala delle macchine di Leonardo da Vinci, ne esistono decine in tutto il mondo. Io stesso avevo già avuto occasione, anni fa, di ammirare una di esse a Roma; e ne ero rimasto affascinato.
Dunque, cos’ha questa mostra in corso a Milano (purtroppo solo fino al 31 ottobre, ma è probabile che ne saranno fatti nuovi allestimenti, in altre città) di così speciale?
Un sacco di cose.
La prima, e credo fondamentale, è la richiesta da parte dei curatori di resettare tutto ciò che sappiamo, o pensiamo di sapere, su Leonardo e le sue invenzioni. Da Vinci era un genio di proporzioni cosmiche, ma non è che il mondo sia nato con lui, e prima (e intorno) esistessero solo oscurità e ignoranza. Svariate invenzioni attribuite a Leonardo non erano sue, ma di altri. La prima cosa da tener presente è che Leonardo copiava e ricopiava progetti per le più svariate applicazioni (macchine da lavoro, da guerra, da navigazione, fino a quelle più fantasiose e ipotetiche), sia da disegni di contemporanei sia di precedessori più o meno remoti. Per dire, il famoso carro da guerra falciante era già stato ideato e realizzato dagli antichi Romani. (E l’ancor più famoso Uomo Vitruviano, disegnato con la perfetta padronanza dell’anatomia umana e lo straordinario talento artistico che gli erano propri, come dice il nome stesso, si rifà agli studi di proporzioni anatomiche di Vitruvio).
Li copiava per conoscerli, per comprenderli, per studiarli. Per capirne le possibilità di applicazione, i limiti concettuali, meccanici e fisici.
E per migliorarli. E’ in questo che si riscontra uno degli autentici aspetti peculiari del genio di Leonardo: nello studio applicato. Nell’individuare soluzioni tanto efficienti quanto raffinate. Leonardo da Vinci non era un inventore tout court, ma un meraviglioso artista e un fine scienziato, e, in quanto tale, il principe assoluto di coloro che oggi definiremmo esperti di problem solving applicato all’ingegneria: civile, navale, bellica.
Lo studio del volo degli uccelli, e della possibilità di realizzare macchine volanti basate sulla meccanica del volo animale, invece, era tutta farina del suo sacco. Come facesse a osservare con precisione, dal vivo, il battito d’ali di questo o quel tipo di volatile, è cosa ardua da immaginare. Eppure ci riusciva, come testimoniano i disegni e gli schizzi progettuali dei suoi manoscritti. Voglio dire: una cosa è realizzare uno studio di assoluta perfezione di un cavallo o di parte di esso. Un cavallo puoi anche farlo stare fermo, o riuscire a farlo muovere con sufficiente lentezza. Ma un uccello?
E che dire del volo di una libellula? Che si sposta grazie non a uno, ma ben due paia d’ali. Le quali, per somma di complicazione, non si limitano a muoversi su e giù, ma nel farlo ruotano di piatto e di taglio, in modo fra loro alternato e sincronizzato. Nel 1500 non esistevano cineprese né tantomeno tecniche di slow motion. Riuscire a cogliere, a occhio nudo, la rapidità al limite del percettibile di certi movimenti, è qualcosa di sovrumano.
Eppure, ribadisco, Leonardo ci riusciva; e ci vedeva proprio bene, tant’è vero che dalle sue osservazioni e intuizioni, giunte fino a noi sulle pagine dei vari “codici” leonardeschi, è stato possibile realizzare riproduzioni sperimentali, alcune delle quali perfettibili ma potenzialmente funzionanti, delle sue macchine.
La sala centrale della mostra in oggetto raccoglie, appunto, un’ampia gamma di tali riproduzioni, con una nutrita serie di macchine volanti in scala 1:1 appese al soffitto a volta, per un effetto scenico sbalorditivo.
Ma – e questa è un’altra cosa da tener presente, che al suo interno contiene un altro mito da sfatare – in tutto ciò l’intento scenico è secondario, o, come direbbe il mio buon maestro d’armi, è solo un piacevole effetto collaterale. L’intento primario è divulgativo, scientifico, nei termini di scienza applicata e ricerca innovativa (per l’epoca) tesa alla comprensione e allo sfruttamento delle leggi meccaniche e fisiche. Lo stesso intento che aveva Leonardo.
A cui, è probabile, piacesse sbalordire; del resto aveva dei committenti ai quali rispondere, come dimostra ad esempio il suo leone meccanico, che si ritiene sia stato a suo tempo realizzato e messo in opera per omaggiare il re di Francia, nel corso di un incontro con papa Leone X.
Ma, nell’ipotizzare, tanto per dire, ciò che viene erroneamente considerato un antesignano dell’elicottero, egli non voleva progettare una macchina volante, ma uno strumento sperimentale che fosse in grado di staccarsi dal suolo in verticale grazie a una carica a molla, anche se solo per qualche istante, e dimostrare che l’aria è qualcosa di tangibile, e comprimibile, che si può sfruttare per appoggiarvisi.
Proprio come fanno gli uccelli.

Leonardo da Vinci, “vite aerea”, Codice Atlantico
Delle sue macchine volanti, Leonardo era ben consapevole sia dei limiti che dell’effettiva incapacità di volare davvero. I suoi calcoli (e le probabili evidenze sperimentali) glielo confermavano, come testimonia l’assenza, nei suoi scritti, di progetti definitivi. Né si ha notizia storica che alcune di tali macchine siano mai state realizzate. Eppure. Eppure esiste, ed è in mostra, una piantina aerea di un tratto dell’Arno che illustra un sistema di chiuse e un traghetto. Detta così suona banale. In realtà è un’opera d’arte, un disegno di dettagli raffinati e di straordinaria fattura, per il quale Leonardo ha utilizzato eccezionalmente il colore azzurro (anzi, il “pigmento”, come con accurata e piacevole terminologia storica lo definisce l’audioguida) per realizzare l’acqua del fiume. Ebbene, una tale perfetta planimetria, da parte di un pur eccezionale artista che non aveva la possibilità di “vedere” quella prospettiva perpendicolare dall’alto, ma solo di immaginarla, e calcolarla per approssimazione, osservando quel tratto di fiume da una torre o una collina di Firenze, può forse suggerire l’ipotesi che, almeno una volta, da Vinci sia riuscito a librarsi in volo al di sopra della zona che intendeva raffigurare. Anche solo per qualche minuto, il tempo necessario a schizzare con la sua mano esperta e precisa i profili di riferimento, per poi rifinire il disegno con calma una volta ridisceso a terra.

Due disegni di Leonardo da Vinci esposti nella mostra in corso a Milano
E qui ho introdotto un altro degli aspetti peculiari della mostra.
Accanto alle macchine sono esposte le corrispondenti pagine dei vari codici, su cui si trovano gli appunti che hanno permesso di ricostruirle. E oltre alle macchine, sono esposti vari disegni. Disegni di straordinaria fattura, che sono perlopiù degli studi. Studi di anatomia umana e animale, che sarebbero serviti a realizzare statue o dipinti. O ipotesi di strumenti musicali, alcuni dei quali riprodotti, esposti e funzionanti. O acconciature di dame. Proprio come nel disegno qui sopra, sulla sinistra. Perché sì, nella propria multiforme e febbrile produzione, Leonardo indossava anche le vesti di scenografo e direttore artistico di corte, per feste di gala, rappresentazioni, occasioni speciali con ospiti di alto lignaggio. Una delle sue macchine, ad esempio, considerata l’antesignana dell’automobile, era in realtà una macchina scenica teatrale, capace di muoversi autonomamente con una carica a molla, secondo una direzione programmata per mezzo di camme.
E oltre alle macchine, ai disegni e agli strumenti musicali, la mostra propone le ricostruzioni e le analisi digitali di alcuni dei dipinti più celebri: la Monna Lisa, la Dama dell’ermellino, e, soprattutto, l’Ultima Cena.

Leonardo da Vinci, La dama con l’ermellino (1488-1490) – Cecilia Gallerani, olio su tavola. Czartoryski Muzeum, Cracovia
Completano il tutto una serie di tavoli interattivi su cui si potrebbero trascorrere ore, molto utili come strumenti didattici soprattutto per i visitatori in età scolare. Completa ulteriormente il tutto un’audioguida realizzata benissimo, sorretta da un’appassionata ed accattivante capacità divulgativa, che costituisce un supporto prezioso per godere appieno di tutto ciò che la mostra ha da offrire. Non a caso, si paga a parte: l’affitto dell’audioguida costa 6 euro oltre il prezzo del biglietto. Ma, per quanto mi riguarda, sono stati soldi ben spesi.
E, a proposito di ore: se per caso avete già in programma di visitare la mostra, o se vi è venuta voglia di andarci e pensate di fare un salto a Milano entro la fine del mese, mi raccomando, prendetevi il vostro tempo.
Per una visita completa di tutto il materiale esposto, che consta di una settantina di “oggetti”, con ascolto per intero dell’audioguida e senza indugiare troppo sui tavoli interattivi, io ho impiegato 3 ore intere.
Dunque, sappiatevi regolare; e non abbiate fretta 🙂
In chiusura, un doveroso cenno ai realizzatori della mostra.
Copio-incollo direttamente dal loro sito:
Leonardo3 (L3) è un’innovativa media company (centro studi e laboratorio; produzione di mostre e musei; produzioni editoriali, televisive e multimediali; casa editrice) la cui missione è quella di studiare, interpretare e rendere fruibile al grande pubblico il patrimonio artistico-scientifico, impiegando tecnologie innovative. Nel nostro lavoro, riveste particolare importanza l’impiego di ricostruzioni tridimensionali (3D), da cui il “3” nel nome Leonardo3.
A questo punto, non mi rimane che augurarvi buona visita!
Leonardo da Vinci seguendo Freud rappresentò nel quadro la Vergine, Sant’Anna e il bambino con l’agnello, un bambino con una doppia madre, mentre nella prima Vergine delle Rocce, adesso al Louvre, si può supporre una madre con un doppio bambino. Il tema del doppio, dello specchio era insito in Leonardo che leggeva e scriveva a rovescio senza problemi. Un altro elemento speculare ricorsivo del quadro è la mano rocciosa che sovrasta e contiene quella aperta di Maria. Gli aspetti speculari ricorsivi sono il sigillo del genio. Che ritroviamo in Gesù tramite i Vangeli e la Sindone, e in Michelangelo Buonarroti negli affreschi della cappella Sistina. Cfr. Ebook. Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo. Grazie.
"Mi piace""Mi piace"
Prego. E’ un interessante punto di vista, osservazioni che stimolano l’analisi e la voglia di comprendere a fondo ciò che, a volte, ammiriamo senza sapere bene perché. Grazie del contributo!
"Mi piace""Mi piace"
Nascerà mai un uomo capace di uguagliare le capacità di Leonardo? I geni di un tempo avevano a disposizione molti meno mezzi rispetto a noi, oggi super-tecnologici, ma riuscivano ad intuire e a creare molto più. Vogliamo confrontare un quadro di ieri con uno dell’arte contemporanea? Una chiesa di ieri, con una di oggi? E’ pur vero che siamo andati nello spazio…ma non abbiamo ancora capito come impedire la fame e le guerre nei Paesi più svantaggiati..
"Mi piace"Piace a 1 persona
Concordo, è come se la povertà di mezzi delle epoche precedenti avessero aguzzato l’ingegno e la capacità di osservazione degli intelletti più dotati. E, se è per questo, basti pensare a tutto ciò che dell’antica ingegneria egizia, greca e romana è andato perduto nella memoria; tanto che ora non abbiamo che una vaga idea di come abbiano fatto a erigere certe opere maestose e ancora vive ai giorni nostri, dopo millenni, con tale accurata precisione.
"Mi piace""Mi piace"
Avevo già lasciato un commento ma è sparito
Comunque non ho parole da dire e scrivere davanti a questo Genio e in particolare al tuo notevole post
Grazie, caro Dario
Un grande abbraccio di buon weekend
Mistral
PS mi chiedo se Leonardo era davvero di questo pianeta
"Mi piace"Piace a 1 persona
Ahimé, temo che ogni tanto WordPress abbia qualche buco che si mangia un post o un commento… del resto, nessun programma è perfetto (specie se non l’ho scritto io… e io non ne scrivo più da un po’ 😀 ). Sono d’accordo, Leonardo era un Genio con la maiuscola, e pure io mi domando se fosse davvero di questo pianeta, o se la sua mente avesse facoltà di attingere a uno scibile cosmico di qualche tipo. Fra le cose che ho appreso nel corso della mostra, e che non ho riportato per evitare di appesantire troppo il racconto, c’è questa annotazione: da Vinci ha lasciato qualcosa come seimila pagine manoscritte, delle quali ne sono state studiate e decifrate (cosa necessaria, sia perché si tratta perlopiù di schizzi e appunti, sia perché com’è noto scriveva “a specchio”) appena un centinaio, cioè meno del 2%. E con quel 2% già si riempie un museo. Pazzesco.
Buon weekend anche a te, Carissima, e grazie dei complimenti. Sei troppo buona 🙂
"Mi piace""Mi piace"
Pingback: La mostra su Leonardo continua: altri 14 mesi! | Julian Vlad
Per doverosa informazione, sono lieto di informare che http://julianvlad.me/2015/11/06/la-mostra-su-leonardo-continua-altri-14-mesi/
"Mi piace""Mi piace"