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Silent © maurimarino
Ci sono momenti in cui apprendi una notizia, e ti domandi se abbia senso che le cose per te continuino ad andare avanti ugualmente, mentre per altri la cruda realtà bussa alla porta con sembianze terrificanti….
La risposta è sì, ha senso che le cose continuino ad andare avanti, altrimenti saremmo tutti solo spettatori passivi, nei confronti della sofferenza e del dolore, proprio o altrui, invece che attori consapevoli, e (nella misura in cui ciò sia possibile) partecipi, non rassegnati ma costruttivi, vicendevolmente solidali.
We are not same, we have to carry each other.
E tuttavia, qualche momento di riflessione, di intimo confronto con se stessi, prima ancora che con ciò che apprendiamo stia succedendo ad altri a noi vicini, si impone…
Solo poche settimane fa, postavo su Facebook queste mie considerazioni, come piccolo contributo morale di incoraggiamento rivolto ad un amico, il cui papà era appena stato colto da un grave malore (dal quale, per fortuna, pur se con molta lentezza e con le dovute cautele, si sta riprendendo).
Solo poche settimane dopo, mi tocca realizzare d’improvviso che tali mie parole si adattano ora, con crudele precisione, a qualcosa che sto vivendo ancor più da vicino.
All’alba di due mattine fa anche mia madre è stata colta da un grave malore, e in questo momento sono nella sua stanza d’ospedale, a vegliarla durante la notte. Il pc e una chiavetta UMTS mi aiutano a tenermi impegnato, mentre lei dorme, e a restare vigile nel caso si agiti nel sonno rischiando di strapparsi i tubicini che la tengono collegata ai monitor e alle flebo, o si svegli ed abbia bisogno di qualcosa.
La sua situazione è stazionaria, non disperata, ma comunque piuttosto seria. E’ ancora presto perché i medici possano formulare una qualunque previsione.
A parte ciò, io per fortuna sto bene. Come ho scritto poco fa ad alcuni amici, in questo difficile momento scopro ancor più quanto sia diventato, o quanto meno riesca ad essere, saldo e forte. Del resto, non potrebbe essere altrimenti. Se mi lasciassi andare allo sconforto e alla preoccupazione, non sarei di alcun aiuto né a me stesso, né a chi in questo momento ha più bisogno di me, e oltre alle proprie deboli forze può contare solo sul fatto, giustappunto, che io mi sappia mantenere saldo e forte.
Chi invece vedo davvero sfinito, abbastanza smarrito e confuso, e ancora incapace di accettare la situazione che si è venuta a creare da un momento all’altro, è mio padre, che già paventa il peggior futuro possibile.
Se non altro, stamattina si è adeguato all’idea di riposarsi un po’ (dopo 2 giorni del tutto insonni, ci manca solo che vada a schiantarsi con la macchina nel tragitto da o verso l’ospedale, così poi siamo proprio a posto) e lasciare che sia io a restare accanto a mia madre, questa notte.
Non ce ne sarebbe strettamente bisogno, di stare qui, a detta degli infermieri (ci era stata richiesta una presenza solo per la prima notte, suppongo per tranquillizzare mia madre). E del resto, abbiamo potuto constatare come sia ben seguita. Ma è chiaro che, almeno per questi primi giorni, dei tanti che oggettivamente verranno, cerchiamo di fare in modo che abbia sempre qualcuno della famiglia vicino a sé.
In questo, meno male, i nostri parenti più prossimi si sono dimostrati fin da subito solleciti e disponibili nel darci una mano. Per ulteriore fortuna, come dicevo prima, io sto scoprendo di avere le spalle abbastanza larghe per entrambi. E dunque, vado avanti, senza perdermi d’animo, quanto piuttosto raddoppiando impegno e serena determinazione.
In queste situazioni, che chiaramente non si vorrebbero mai dover vivere, colgo la positività del valore autentico di relazioni, oltre che con i miei amici più prossimi – che mi sono vicini come non mai, e colgo l’occasione per ringraziarli tutti – con parenti, vicini di casa e amici di famiglia, coi quali i rapporti (almeno per quanto mi riguarda) erano da tempo piuttosto superficiali. Eppure, è bastato un mio piccolo segnale sulla gravità dell’accaduto, per riattivare solidarietà e attenzione attiva; che riesce ad essere di grande conforto, e anche di grande discrezione.
Discrezione che non mi appartiene, nel momento in cui racconto queste cose pubblicamente. Ma ciascuno elabora il proprio dolore come meglio crede, ed io lo elaboro esprimendolo. E condividendo quelle poche cose positive, che pur in una situazione del genere, ci sono. Poteva andare molto peggio, sono fiducioso in un progressivo quanto lento miglioramento.
E mentre scrivo queste righe, ascoltando il respiro di mia madre che, nel sonno, si mantiene regolare, mi viene in mente che nelle parole sopra citate ho fatto mio un verso di One. Un brano che spesso, erroneamente, viene considerato una canzone d’amore del genere “relazione complicata”. Invece, parla di un rapporto non facile tra un figlio, Bono, e suo padre, come chiaramente si evince da uno dei tre videoclip ufficiali del pezzo, in cui compare Brendan Robert “Bobby” Hewson, nonché da alcuni passaggi del testo, in cui si parla di un (solo) sangue.
Dunque, in fin dei conti, si tratta proprio di una canzone d’amore del genere “relazione complicata”. Ma di amore filiale, of course.
E così, il mio fiore di oggi è per i miei vecchi, che questa notte dormono separati per una delle rare volte nella loro vita; l’una, stanca e sofferente in un letto d’ospedale; l’altro, stanco e sofferente per lei, a casa, da solo.
Poco fa ho trovato su YouTube un’esecuzione live di One particolarmente ispirata e intimista, eseguita dai soli Bono e The Edge con l’accompagnamento di un’orchestra.
Il video è recentissimo, e anche a 53 anni suonati, Bono è sempre the coolest guy in the universe (°). Ora ve lo mostro, e ve lo faccio ascoltare. Buonanotte.
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(°) Ovvero, il ragazzo più figo dell’universo. La definizione è di Madonna, che si riferiva così al suo allora marito Sean Penn, nei ringraziamenti che apparivano (e tuttora appaiono, ho ancora la cassetta, posso testimoniarlo) nei credits del suo terzo, indimenticabile album, True Blue:
“This is dedicated to my husband, the coolest guy in the universe.”
Ormai da tempo, miss Ciccone e Sean Penn non sono più marito e moglie, ma anche lui, quanto a splendido 53enne – è un ragazzo del ’60 proprio come Bono, astrale coincidenza – non scherza affatto 😉
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(Foto di Maurizio Marino, per gentile concessione)
L’ha ribloggato su Nove fiori gialli.
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