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Totti_e_De_Rossi

Il calcio è bello perché è bello da seguire e da vedere, e a volte fa anche molto ridere 🙂
Non a caso ho scelto dall’archivio fotografico ufficiale della Roma l’immagine qui sopra, con Daniele che si scompiscia all’indirizzo di non so chi, mentre Francesco esulta dopo avere appena segnato uno dei suoi 228 goal in Serie A (almeno fino ad oggi 😉 ).

Pensate, una società nata come polisportiva podistico/escursionistica agli inizi del secolo scorso, che pur nascendo nella città più famosa e ricca di storia del mondo intero, ha scelto di portare non il nome della città, bensì della regione di cui la stessa è capoluogo, e come colori sociali quelli della Grecia, patria delle Olimpiadi (e questa è storia, gente, non fantascienza). Poi, dopo un po’ di tempo, si è data anche al calcio; ma intanto un’altra società era nata, ed essa sì, di calcio fin dall’inizio, e niente affatto timorosa di assumere il nome ed i colori di Roma, di portare su di sé il peso di rappresentare la Città Eterna in Italia e nel mondo. Ed ecco che gli ex podistici neo-convertiti al dio pallone hanno iniziato a soffrire di complessi di inferiorità. Del tutto giustificati, si può dire: si sono costituiti 27 anni prima, e sono riusciti nella non facile impresa di sbagliare tutte, ma proprio tutte, le scelte fatte per definire non solo se stessi, ma se stessi nei confronti della città di cui (in qualche misura, purtroppo) fanno parte.

Chiaro, l’intenzione primigenia era un’altra, ovvero di misurarsi su piste di atletica, in percorsi campestri, in piscina o su un tratto fluviale. Mica su un campo di calcio. Del tutto legittimo. Però non è che dopo, quando si sono accorti di quanto fosse piacevole anche giocare a pallone, solo a motivo del fatto che la loro società (rimasta fin lì in altre faccende affaccendata) era nata qualche anno prima, abbiano potuto e tuttora possano pretendere di essere credibili, vaneggiando di presunti diritti di primogenitura e supremazie cittadine, per invidia e livore nei confronti di altri figli della stessa città che siano stati capaci, loro sì, di cogliere l’occasione imperdibile che la Storia offriva loro, e di farsi amare dalle moltitudini. Ovvero, di diventare uno dei simboli della Città Eterna. Di diventare la Roma, una cosa così grande che o ne fate parte o (mi dispiace per voi) non la potete capire, non fino in fondo. Io ne faccio parte, e credetemi, ne sono strafelice, e me la godo fino all’ultima goccia 🙂

Anche perché, sapete, non sono stato io, piemontese nato a Cuneo e residente a Bra e mai interessatomi di calcio fino ai 13 anni, a scegliere la Roma. E’ stata la Roma a scegliere me. A farmi scoprire non ciò che sarei diventato da quel momento in poi, ma ciò che ero già, anche se non lo sapevo: un cuore giallorosso. Allo stesso modo in cui, anni dopo, la prima volta in cui misi piede sul sacro suolo della Capitale, mi resi conto di essere arrivato a casa, pure se sono nato ed abito a 700 km di distanza.
E da allora così è stato, è, e sara per sempre 🙂

So (perché me l’hanno fatto presente, in altri blog sui quali ho commentato) che altri tifosi romanisti, leggendomi così fiero, sfrontato e sicuro proprio alla vigilia di un derby di campionato (e non un derby qualsiasi, ma della prima occasione di riscatto, per noi, dopo l’onta dello scorso fine maggio), stanno facendo gli scongiuri. E lo capisco, la scaramanzia fa parte del calcio, allo stesso modo di altri palcoscenici, tipo il teatro ad esempio, dove (si dice) il colore viola porti jella e dunque sia proibito.

Ma vorrei dirvi, ragazzi, voi che come me appartenete al popolo giallorosso, che fate parte di questa cosa grande che è la Roma: non abbiate paura, non c’è nulla di cui avere paura. Ce solo da andare fieri. Ve lo dico con le parole del sommo Dante, a cui aggiungo quelle del nostro allenatore, pronunciate giusto ieri: considerate la vostra semenza, fatti non foste a viver come bruti (lasciatelo ai formellesi, questo “privilegio” :-D).
E soprattutto, considerate che le partite come quelle di questo pomeriggio non sono da “giocare”, sono da vincere. E oggi vinceremo noi, me lo sento.

Non solo, oggi il nostro infinito Capitano stabilirà il record assoluto di goal nei derby di campionato, aggiungendo (almeno) 1 goal ai 9 che già gli conferiscono questo particolare primato ex aequo con Da Costa e SuperMarco Delvecchio. Perché il 10 gli si addice, ed è bello e giusto pensare che sarà così, dopo la firma dell’altroieri e la commozione (sua e nostra) in diretta tv, la favola bella di Francesco nostro che continua ad illuminare noi e la Roma, il boato degli attestati di stima e di affetto che da ogni dove (anche da parti avversarie) si sono riversarti sul web in suo onore… e non dimentichiamo il suo compleanno, il prossimo venerdì 🙂

Ho belle sensazioni, amici, fratelli giallorossi. La squadra si è riscoperta solida, più matura, bella quanto concreta, in questo inizio di campionato.
Ed insieme al filotto di vittorie iniziali, arriva al derby sull’onda emozionale non solo dell’onta da riscattare, ma del trionfo mediatico del suo Capitano. Ho belle sensazioni, vi dicevo. E di solito ci azzecco 😉

Come nell’estate del 2006, con la Juventus (in quanto società di rubagalline) appena spedita ingloriosamente in B fra ali di folla festante e ali non meno numerose di juventini con il capo cosparso di cenere; allorché nello schieramento iniziale della Nazionale di Lippi contro il Ghana, partita d’esordio dei Mondiali tedeschi, mi prese un colpo a vedere Francesco, lì in piedi tiratissimo nella sua maglia numero 10, non solo ristabilito grazie ad una volontà davvero straordinaria dal grave infortunio di pochi mesi prima, ma pure con i capelli corti, come in vita mia l’avevo visto una sola volta. L’unica volta in cui ho avuto la fortuna di incontrarlo di persona, durante il ritiro di Predazzo in Val Badia, nell’agosto del ’98. Aveva 21 anni (22 da compiere di lì a poche settimane), era il nostro Numero Dieci da non più di un paio d’anni e non ancora Capitano (lo sarebbe diventato all’inizio della stagione che si approssimava, la seconda di Zeman) e i capelli cortissimi da lunghi che li aveva sempre portati, tanto che quasi non lo riconoscevo.
In quella occasione li portava così, suppongo, perché stava svolgendo il servizio militare nella Compagnia Atleti dell’Esercito.

E quella sera di giugno del 2006, a rivederlo così ragazzino, come se avesse voluto dare un segnale di rinnovamento, di ripartenza dopo lo stop dovuto all’infortunio, mi sono emozionato, nutrendo un gran bel presentimento. Ricordate le treccine infauste con cui si presentò all’Europeo del 2004, e quel che successe in quella competizione lì? Ecco, il presentimento opposto. Poi la squadra giocò bene, si dimostrò un gruppo vero, compatto e determinato (proprio com’è apparsa fin qui la Roma di quest’anno), e vinse, rafforzando le mie sensazioni positive.
Che però erano nate proprio nel momento in cui avevo visto Francesco, con quel look e quello sguardo, il sereno coraggio di un uomo che ha già vinto la propria battaglia personale, e che non ha paura, schierato fronte tribune prima del fischio d’inizio.

Il giorno dopo, sono andato in ufficio e ho detto ai miei colleghi: signori, stavolta alziamo la Coppa!!
E tutti a toccarsi, a fare gli scongiuri, a mandarmi a quel paese accusandomi di portare sfiga.
Come sia finita, poi, lo sappiamo 🙂
Ed è stato bellissimo, vedere Francesco nostro alzare la Coppa del Mondo, non al cielo, ma verso i suoi familiari, mamma Fiorella, Ilary ed il piccolo Cristian, otto mesi appena, prima volta allo stadio e già che ne esce Campione del Mondo grazie anche a suo papà. Un predestinato? Chissà 🙂
Ve la ricordate la faccia di Francesco in quelle immagini lì, con quell’espressione di bambino felice e di papà orgoglioso allo stesso tempo? Io sì, è il ricordo più bello che ho di lui, insieme alle lacrime abbracciato ai suoi figli, in ginocchio davanti a loro sul prato dell’Olimpico, la sera di qualche mese fa in cui raggiunse i 225 goal in Serie A di Nordhal.

Questi sono i momenti di lui che ricordo con maggiore intensità ed orgoglio, quasi fossimo parenti. Perché prima di ogni altra cosa, prima del campione assoluto, del Capitano infinito della mia squadra del cuore, quella per cui sia lui che io facciamo il tifo fin da bambini, per me Francesco è un uomo che ho imparato a conoscere in tutti questi anni da che era solo un ragazzino, e ho imparato a stimare per la bella persona che è. Una persona che nonostante la fama, i soldi, gli onori, gli attestati di stima (spesso ipocriti) di mezzo mondo, ha saputo restare, semplicemente, Francesco. Un papà che gioca a pallone con i propri figli.
Ed oggi, potete dunque capirmi, se auguro non a me, non a voi amici e fratelli giallorossi, ma a lui, di mostrarci di nuovo quella sua bella faccia da bambino felice e papà orgoglioso ad un tempo, dopo aver segnato la sua personale Decima nei derby, ed averlo vinto 🙂

Ma anche se (nella remota ipotesi in cui) questo pomeriggio le cose dovessero andare storte, ebbene, che problema ci sarebbe? D’accordo, un po’ avete ragione, io non vivo a Roma; il clima di sfottò (nella malaugurata ipotesi che), per quelli di voi che abitino nella Capitale si farebbe insopportabile. Ma ugualmente, vi dico: siate fieri di ciò che siete. Alle 17 di questo pomeriggio, qualunque sarà stato il risultato del derby, voi sarete, noi saremo, ancora gli stessi.
Quegli altri, magari impazziranno istericamente per qualche giorno o settimana, sfogando frustrazioni represse che durano da 86 anni, e sempre dureranno.
Ma noi siamo, e sempre saremo, Roma. Noi siamo la Capitale, Noi tifiamo Roma, e già solo per questo, non perdiamo mai. Anzi, di più: anche solo per questo, noi abbiamo già vinto 🙂

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(La foto che compare nell’articolo è tratta da questa pagina web)