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Circa due ore fa mi è capitato di ascoltare in diretta Domenico Quirico, nel corso di un’intervista a Rai News 24. Quando mi sono sintonizzato l’intervista era già iniziata, e non ho potuto seguirla fino in fondo.
Ma il succo della parte di discorso che ho avuto modo di cogliere, un succo decisamente interessante, delineato in pochi tratti decisi e perentori da parte di chi (suo malgrado, dati i 5 mesi di prigionia che gli sono costati) ha vissuto la situazione siriana sul campo, sono questi:
– Quirico è stato in Siria 5 volte nel corso degli ultimi 2 anni, cioè a partire dallo scoppio della guerra civile sostenuta dalla popolazione siriana contro il regime dittatoriale di Bashar Al-Assad. Un regime che il giornalista definisce mafioso, corrotto, vecchio, delinquente (aggettivi che, a pensarci bene, non sarebbero così fuori luogo neanche a proposito delle cose di casa nostra; ma lasciamo stare, non è di questo che stiamo parlando);
– dopo il primo anno, a detta di Quirico la rivoluzione civile si è spenta, non esiste più, sopravvivendo solo in qualche sacca circoscritta di resistenza, principalmente ad Aleppo;
– in quest’ultimo anno, alla rivoluzione popolare si è sostituita un’altra cosa, completamente diversa: una jihad islamica sostenuta da un coacervo variegato di gruppi integralisti, il cui scopo dichiarato consiste nel rovesciare il regime di Assad e restaurare il califfato del VI secolo;
– Quirico ipotizza che se si fosse intervenuti prima, a sostegno della popolazione (giustamente) sollevatasi in armi, forse la situazione ora sarebbe già stata risolta (ovvero, così ho inteso, il regime dittatoriale e criminale destituito, i siriani liberati dal giogo e messi in condizione di darsi un ordinamento democratico) e, fra le altre cose, lui si sarebbe risparmiato 5 mesi di prigionia in ostaggio di banditi, chiuso dentro una stanza;
– ora invece per appoggiare la rivoluzione è tardi; e mentre da un lato si ribadisce che sostenere il regime sanguinario di Assad sarebbe criminale, dall’altro occorre tenere molto ben presente che sostenere i gruppi fondamentalisti jihadisti che ora lo combattono, sostituitisi alla ribellione popolare, sarebbe altrettanto criminale.
Nel frattempo, concludo io, i civili siriani inermi, stretti fra due fuochi contrapposti, continuano a morire. Ma ormai non si tratta più di pianificare un intervento “umanitario” per appoggiare una parte piuttosto che un’altra.
Ora si tratta di andare là e spazzare via tutto il marcio belligerante che si contrappone su opposte barricate. Altrimenti, dopo che l’eventuale intervento militare occidentale si fosse compiuto, e si sarà soltanto sostituito un potere dittatoriale con un altro, la popolazione siriana continuerà ad essere vessata e a morire.
Mi auguro che il quadro della situazione sia chiaro, a chi in queste ore stia prendendo decisioni importanti sul da farsi, a Washington o altrove.
E soprattutto, che di questa cosa, cioè della sorte della popolazione siriana, importi davvero a qualcuno.
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(La foto che compare nell’articolo è tratta da questa pagina web)