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#dirittiumani, #GiornatadellaMemoria, Giornata della Memoria, Guerre Jugoslave, Lager, Leggi razziali, Nazismo, Olocausto, Radko Mladić, Razzismo, Shoah, Testimonianza
La Giornata della Memoria (o Giorno della Memoria, a seconda delle lingue originali degli articoli e dei testi da cui si traduce) era ieri, 27 gennaio, ma ritengo che ogni giorno sia buono per ricordare, per non dimenticare mai, per fare in modo che cose del genere non debbano, non possano in alcun modo accadere ancora. Mai più.
Ho tratto la foto qui sopra dalla bacheca della pagina Facebook Occhi di bambino, al cui link vi rimando anche per leggere la bellissima poesia che la accompagna.
Personalmente, voglio commentare questa ricorrenza con attenzione, oltre che con partecipazione. Perchè nonostante siano passati 67 anni da quei fatti terribili, disumani, fatti che hanno riguardato forse i nostri nonni e zii, e solo di sfuggita (perchè ancora troppo piccoli) i nostri genitori – a meno che non abbiano avuto parenti o amici coinvolti in modo diretto – e poco alla volta la voce di coloro che sono sopravvissuti e tornati dai lager nazisti, la voce dei testimoni diretti, si spegne per sopraggiunti limiti di età… nonostante tutto questo, occorre stare all’erta, oggi come allora, forse più che mai.
Stare all’erta, consapevoli che da anni c’è chi (e fra essi studiosi e persone influenti) osa negare che una simile atrocità sia mai stata commessa, oppure la minimizza…
Forse sono gli stessi che si preparano, se non a commetterne, a giustificarne di analoghe, plaudendo alla ghettizzazione dei diversi, degli immigrati, degli stranieri, dei fedeli di altre religioni.
Stare all’erta, ricordando che i lager sono esistiti anche nelle guerre in Jugoslavia di meno di 20 anni fa, anche quei conflitti basati su odio razziale e religioso, improntati al principio aberrante della pulizia etnica.
Chi, come me, ha più di 20 anni da un po’ di tempo, avrà di certo visto in tv, nei servizi dei telegiornali, le immagini delle persone pelle e ossa allineate lungo le barriere di filo spinato, le riprese delle fosse comuni con decine, centinaia di corpi di uomini donne e bambini ammazzati dalle milizie del generale Mladić. Non era un film, era la cruda realtà, a poche centinaia di chilometri da casa nostra. Per i nostri connazionali veneti e friulani, appena poche decine, di chilometri.
Anche se, mi immagino (non lo so per certo, ma sono pronto a scommettere di sì), pure di queste testimonianze, filmate e documentate, di fatti dei primi anni ’90 che riguardano la ex Jugoslavia, e che per analogia rimandano alla Shoah ebraica, ci sarà chi minimizza, chi parla di episodi circoscritti e ingigantiti, di propaganda, di set cinematografici allestiti a bella posta per impressionare l’opinione pubblica.
Tesi assurde e inaccettabili. E, soprattutto, terribilmente inquietanti.
Per questo è importante ricordare, non solo il 27 gennaio ma tutti i giorni dell’anno, per fare sì che cose simili non si ripetano mai più. Anche se fosse solo per una cinica questione di egoismo opportunistico: ricordiamoci, tutti quanti, che un giorno potrebbe toccare a noi o ai nostri cari, per il capriccio o le esigenze politiche di un qualche potente, magari proprio qualche esagitato populista di casa nostra. Qualcuno che sia solito agitare le masse, e incitare alla secessione e all’odio razziale con indosso un capo di abbigliamento verde, ad esempio, non certo per spirito ambientalista, o perchè sia un colore che va di moda.
E allora (hai visto mai) forse ci pentiremmo di non aver fatto abbastanza, non solo per ricordare la Shoah, ma per scongiurare il ripetersi di un altro Olocausto.
Sto seguendo adesso “Ausmerzen” di Paoloni; il punto difficile da accettare è che molte delle idee del nazismo circolavano già nella società, non solo tedesca.
Paolini racconta lo sterminio dei malati psichiatrici, che ha fatto da “apripista” a quello ebraico: l’idea che ci fossero tare genetiche da eliminare per migliorare la razza era diffusa in tutta Europa, era sostenuta anche da teorie scientifiche (che viste oggi sono ridicole, ma allora non lo erano).
Dobbiamo cogliere in anticipo i segni di degrado, prima che diventino troppo gravi, e non è facile.
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Sto seguendo anch’io Marco Paolini su La7, grazie a Marco B. da Roma che lo ha segnalato su Facebook… Ciò che proponi è un impegno che mi sento di definire irrinunciabile, e che sarebbe davvero opportuno, nel nostro piccolo, provare ad assumere su noi stessi. Io di certo vorrei quanto meno provare a farlo.
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Dopo aver seguito fino in fondo il racconto teatrale di Paolini, terminato in tv pochi minuti fa, sono rimasto esterrefatto nello scoprire che le teorie eugenetiche per il miglioramento della razza erano sostenute con forza e convinzione addirittura da Konrad Lorenz, (“quello delle papere”, dice Paolini, e chissà quanti di noi lo ricordano con questa associazione di idee), nazista della prima ora, divenuto tale proprio in quanto assertore dell’eugenetica e della necessità di intervenire d’ufficio per sostituirsi alla selezione naturale, ed impedire così l’altrimenti inevitabile degrado dell’umanità.
Proprio “quel” Konrad Lorenz, premio Nobel nel 1973 per la medicina e la fisiologia, un simpatico e dolce vecchietto con zazzera e barba bianca, pigro quando acuto osservatore di paperelle e taccole, che per me fino a stasera era stato nient’altro che il padre della moderna etologia, l’innocua quanto affascinante scienza che studia il comportamento degli animali.
Una constatazione che si rifà a quanto osservavi tu, ed anche al monito che ho espresso nel mio post: vigilare e stare all’erta bisogna, oggi come allora, senza nessuna facile accondiscendenza.
Se non ora, quando? Ma soprattutto, se non lo facciamo noi, nella misura che può stare nelle nostre possibilità, chi mai potremo aspettarci che lo faccia per noi?
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