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Con ogni probabilità sarebbe successo ugualmente.
Prima o poi (chi può dirlo?), per una qualunque stupidaggine; un piede messo male lungo un sentiero di montagna; un incidente d’auto; oppure (vogliamo proprio essere banali?), una caduta per le scale di casa o dell’ufficio.
Qualunque evento traumatico (che non fosse risultato mortale, naturalmente) avrebbe potuto produrre i medesimi effetti.
Io ero un predestinato.

Buongiorno a tutti. E benvenuti! 🙂
Dopo aver preso a prestito l’incipit dell’Orlando Furioso per descrivere il contenuto del mio blog, e il titolo di un romanzo (ed anche di un tema narrativo) di Douglas Adams per battezzare questo articolo di apertura e ribadire il concetto, mi sembrava doveroso iniziare con qualcosa di mio. Giusto una manciata di righe, che per quanto proveniente da quella che allo stato attuale è soltanto l’abbozzo di una saga in più volumi – e chissà per quanto tempo ancora resterà tale, lo scopriremo solo vivendo -, è pur sempre un mio contributo inedito.
Casomai vi fosse venuta la curiosità di saperne di più sul virgolettato qui sopra…
E anche perchè, lo ammetto, esordire con un semplice “bene, eccoci qua” mi sembrava un po’ banale 😀

Dove eravamo rimasti
Che in qualche modo fossi predestinato, prima o poi, ad aprire un blog, era pressochè scritto.
Diversi amici me lo avevano consigliato (forse perchè stanchi di ricevere i miei aggiornamenti periodici via mail, chissà ;-)), e io stesso avevo maturato questa intenzione, rimasta nel limbo per oltre un anno e mezzo.
Diciamo che sono stato via per un po’. Ma ora sono tornato, con molte cose vecchie e nuove da dire e da raccontare, e mi sento ambizioso e autoironico il giusto per avventurarmi in questa impresa.
Non mi piace fare discorsi programmatici (ho scoperto a mie spese che portano una sfiga tremenda), ma ovviamente mi auguro che questo sia solo il primo piccolo passo di un lungo viaggio.

In questo momento mi par quasi di vedere Gigi Proietti, con la sua mimica impareggiabile, che adattando uno dei suoi sketch più divertenti mi fissa attraverso lo schermo e mi dice: “ma lassà sta… ma nun o’ fa’… ma lassa perde… ma chi! T’o! Ffafaaa!!”
In effetti, starà magari pensando qualcuno di voi, non ci eravam lasciati un anno e mezzo fa con la promessa di un romanzo in gestazione, che si sarebbe scritto quasi da solo? Vero. Ecco perchè poco sopra affermavo che i discorsi e le troppe anticipazioni sia meglio lasciarli perdere. Si rischia di deludere le aspettative degli amici, oltre al fare una figura non proprio gloriosa, diciamo così.

Storie d’amore e di passione
E quanto al chi m’o fa ffa’, me lo sono domandato anch’io, e la risposta me la sono data quando ho letto questo passo da Storia della mia gente di Edoardo Nesi (Premio Strega 2011, e anche se non mi fido molto della bontà di simili riconoscimenti strillati da fascette in sovracopertina, in questo caso trovo che mai premio fu più meritato), passo che si trova a pagina 28 dell’edizione Bompiani Overlook:

Ma ora so che scrivere romanzi non mi basta. Non mi può bastare. So che devo provare a scrivere la mia storia e quella della mia gente, come diceva Fitzgerald in una delle ultime disperate lettere al suo agente mentre cercava di descrivere The Love of The Last Tycoon, il meraviglioso romanzo sul cinema e sulla ricchezza e sull’innamoramento che non gli riuscì di finire perchè il 21 dicembre del 1940, in quella Los Angeles che non lo amava, gli si spense il cuore.
Questo proverò a fare, prima che si spenga anche il mio.

In queste poche righe c’è già tutto. Un libro potente, quello di Nesi.
Non lo conoscevo, l’ho trovato magnifico. Sincero, appassionato e lirico.
Come ho già detto, potente.
Sarà l’argomento della mia prima recensione su questo blog, deve esserlo. Assolutamente.
Non vedo l’ora di scriverla! 😀

Un piccolo passo per un uomo…
Vedete amici, io sono un cantastorie. Provare a scrivere romanzi, per quanto motivato da grande diletto e autentica passione, non mi può bastare. O meglio, non può essere un punto di partenza. Forse quello di arrivo, o una serie di tappe intermedie, chi lo sa. Per ora inizio così, poi tempo verrà, e vedremo che frutti darà 🙂
Inizio questa avventura con un anno e mezzo di ritardo, ma sono convinto che le cose accadano nell’ora più propizia, e ritengo che questa lo sia. Oppure accadono e basta, e dunque perchè darsi tanta pena? 😉
In un primo momento avevo ipotizzato di girare la chiavetta di accensione del mio blog il giorno di Capodanno: cosa può esserci di meglio, pensavo, che iniziare un’ impresa nel giorno in cui nasce un nuovo anno, che si spera proficuo?
Ma poi ho riflettuto, e ho cambiato idea: i propositi per l’anno nuovo hanno la spiacevole abitudine di evaporare prima ancora dell’arrivo dei Magi, e dunque ho preferito aspettare ancora qualche giorno.

Cioè fino ad oggi, che è giovedì, neanche a farlo apposta il mio giorno natale, dunque quanto mai appropriato. Ed è anche il 19 del primo mese del nuovo anno, un numero non particolarmente carico di simbologie e significati (almeno a quanto ne sappia io), ma molto importante sotto questo aspetto per uno dei miei narratori più amati, quello Stephen King di cui mentre scrivo ho di fronte agli occhi (giusto dietro lo schermo del VAIO), l’ultimo romanzo fresco di stampa, che ho trovato esposto nell’edicola del mio amico Umberto proprio l’ultimo giorno del 2011, e ho subito fatto mio.
Lo pregusto soppesandolo ad occhio: sarà un 7-800 pagine. Che bello 😀

Numi tutelari
Raramente il Re mi delude, molto più spesso (cioè quasi sempre) mi porta con sè in profondità, in qualche straordinaria avventura di immaginazione sconfinata e danzante, narrata e letta con un piacere che giunti all’ultima pagina cede il passo ad un moto di improvvisa malinconia, perchè se ne vorrebbero aver davanti altre 5 o 600 ancora da leggere, le prime 1000 non sono bastate 🙂

E pensando al buon vecchio zio Steve, non posso fare a meno di rivolgere un pensiero ad un Grande Scrittore a me molto caro, Carlo Fruttero, che pochi giorni fa ha raggiunto la radura in fondo al sentiero, e si è ricongiunto al suo vecchio amico e sodale Franco Lucentini per ricomporre da qualche parte oltre questo mondo (dove non saprei dirvi, ma sono certo che sia un posto magnifico, insieme a loro due) quella coppia di fini cesellatori della parola scritta che ci ha regalato piccole perle meravigliose, ed ora potrà intrattenere amabilmente le schiere angeliche, i troni e le dominazioni, per l’eternità.
Ritengo appropriato ricordare l’artista appena scomparso con il tributo a mezzo La Stampa del suo amico Massimo Gramellini, di cui ho apprezzato ogni parola: Addio Fruttero, mi ha insegnato la leggerezza.

A questo proposito, mi sovviene che dei miei quattro personalissimi numi tutelari letterari, nell’ordine Primo Levi, Fruttero & Lucentini e Sua Maestà Stephen King, il bardo del Maine è l’unico rimasto a percorrere il sentiero (come da sua espressione) insieme a noi mortali. D’accordo, alla verde età di 64 anni è appena un giovanotto maturo, ma già qualche anno fa c’è mancato poco che l’incontro ravvicinato, in carne ed ossa rotte, con un minivan fuori controllo ce lo portasse via. Spero che l’aver superato questo incidente, che lo ha spezzato nel fisico ma non fiaccato nello spirito, gli sia di buon auspicio per un’ancora lunga e attiva permanenza in mezzo a noi…

Tigri, Lupi & Affini
Ma bando ai pensieri tristi, giacchè oggi (almeno per me) è un giorno di festa.
Mentre scrivo queste righe, sono circondato su tre lati da scaffali carichi di libri, fumetti e musica che non aspettano altro che di essere portati a nuova luce, e magari anche un po’ valorizzati. Da me, innanzitutto.
Alle pareti, alcune mie matite e chine d’annata, foto di Roma, foto della Roma, foto del Capitano, una foto con dedica di Rudi Voeller (il nostro indimenticato, amatissimo “tedesco volante”), acquerelli  di un artista di strada egiziano di nome Atef conosciuto e più volte ritrovato a Trinità dei Monti, un paesaggio di montagna che si riflette nelle chiare fresche dolci acque di un laghetto, una tigre maestosa che pare staccarsi dal muro e correre verso di me sollevando spruzzi da uno specchio d’acqua…
E, in cuffia, la voce suadente di un Bono Vox ventiseienne mi accarezza i timpani, raccontandomi di luoghi in cui le strade non hanno nome, solo musica, come l’intro magnifico di questo pezzo storico, che il buon Gramellini, sempre lui, una volta ebbe a definire come uno dei 10 motivi per i quali vale la pena vivere.

Ed io (anche se 10 motivi mi sembrano un po’ pochi e ne conterei almeno due o tre in più), nello specifico mi trovo assolutamente d’accordo, ogni volta che riascolto un tale brano di stupefatta intensità e bellezza, e ogni volta non posso che sentirmi grato nei confronti dei quattro bravi ragazzi irlandesi che l’hanno composta ed eseguita in ogni dove (e ancora non si sono stancati di farlo, nonostante le 50 e più primavere a testa, sempre siano lodati).
Per la verità, uno dei quattro è inglese, ma ormai dopo tutti questi anni lo possiamo considerare acquisito 😉

Bene, credo vi siate fatti un’idea di quelle due o tre cose di cui mi piacerà soprattutto parlare in questo mio spazio on-line.
E, sì, direi che è proprio un momento perfetto per cominciare! 🙂
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(La foto che compare in testa all’articolo è tratta da questa pagina web)